Pagano
Musica per posti piccoli
Cara Giulia
“Cara Giulia” è una canzone che parla del rapporto con mia sorella. Descrive cose semplici, come una giornata al mare insieme, in un giorno di fine estate. Il testo è venuto fuori abbastanza di getto, su un giro di chitarra essenziale. “Cara Giulia” è una scatola di ricordi, un invito a non trascurare i propri legami affettivi.
Ryanair
Sono nato nel 1990, la mia generazione vive inghiottita in una precarietà costante, mentre i nostri genitori avevano (e hanno) il mito della “fissità”, come ci ha ricordato Checco Zalone: “posti fissi” e quindi “amori fissi”. Stabilità, casa, famiglia. Noi invece siamo quelli dei lavori precari e quindi anche degli amori precari. Tra questi amori “instabili” rientrano sicuramente quelli a distanza (io stesso ne so qualcosa) che spesso “tengono duro” proprio grazie ai voli della “Ryanair”. Questa canzone cerca allora di sintetizzare tutto questo: i soldi messi da parte per una “trasferta” in più per vedere lei (o lui), la speranza di ricevere una sorpresa dalla persona amata che si concretizza in un “nel dubbio, apparecchio anche per te”, l’ansia legata al fare il passo decisivo (“mi trasferisco da te?”). Il brano è stato prodotto da Fractae dello studio “Turbopop” di Torino ed è disponibile dal 3 giugno sulle piattaforme Spotify, YouTube e Apple Music.
Conosciamoci meglio, chi è PAGANO ?
Mi chiamo Mario Pagano (in arte “Pagano”), classe 1990, sono un cantautore originario della Puglia, anche se da qualche anno di base a Firenze. Al mattino faccio il ricercatore in diritto ambientale presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, di sera il musicista fra le mura di casa e in qualche baretto della zona.
Per me la musica è principalmente “consolazione”, un’arte che deve necessariamente esprimere, accogliere e raccontare le bellezze e le difficoltà del vivere. Stare al mondo non è per nulla facile e se qualcuno o qualcosa può aiutarci a farlo in maniera più leggera, tanto meglio.
Musicalmente, cerco di mischiare il blues e il jazz con la grande tradizione cantautorale italiana. Mi ispiro molto a Paolo Conte, Vinicio Capossela e Brunori Sas. Le mie canzoni, estremamente ironiche, tentano di raccontare come globalizzazione, lavoro e tecnologie stiano cambiando le relazioni interpersonali, specie quelle d’amore.
Anche se canto d’amore, in fondo sento che con le mie canzoni faccio politica. Questo perché in una società che pian piano espelle la dimensione emotivo-relazionale per far spazio a quella tecnico-individuale, cantare la centralità dell’amore e delle relazioni secondo me è un grande atto di ribellione politica. Si lo so, tutti i cantanti in fondo fanno canzoni d’amore, ormai sono scontate, banali, prevedibili però io cerco di cantare un amore un po’ diverso, forse un po’ meno smielato, forse un po’ più cinico, ma comunque vero, autentico, pragmatico. Canto soprattutto l’amore di quelli come me. Cioè quei 30enni sfigati che accecati dalle ambizioni dei genitori e dal mito della carriera, si sono scordati che volevano far figli. Sì proprio noi. Quelli che “ma come fai a dire di no? È l’occasione della tua vita!” e poi ci si ritrova con l’ennesimo amore a distanza, l’ennesima scopata su Tinder, l’ennesimo contratto a tempo determinato e l’ennesimo amico del liceo, che è rimasto al paese e il mese prossimo si sposa.
Ecco, per me queste sono situazioni molto serie. Io intorno a me vedo un sacco di ansia, di solitudine e d’infelicità (che è anche la mia eh, non è che io ne sono immune). Vorrei quindi fare qualcosa se posso. E finora non ho trovato modo migliore se non quello di cantarla tutta questa sofferenza, solitudine ed infelicità, prendendola però abbondantemente per il culo. Certo, di solito lo faccio nel dopo lavoro, in bar piccolini, dove ci sono magari estranei, amici e colleghi che fino a pochi minuti prima erano in ufficio e ora sono lì, con una birra in mano ad ascoltarmi. E allora mi piace dire che faccio “musica per posti piccoli”, musica da dopolavoro. Musica per chi stasera non si aspettava di parlare con qualcuno o di ascoltare una canzone nuova. Per quelli che son stanchi, che hanno avuto una giornata del cazzo, che magari hanno pure litigato con la tipa o con il tipo e vogliono solo ridere un po’, ballare “Wannabe” e cercare sollievo e ironia, nell’attesa di diventare finalmente grandi e autosufficienti. Ecco, io faccio quella musica lì. Musica per gente in sospeso, per camicie da rimettere il giorno dopo. Musica da trucco sbavato.
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